“Lassù, 4000 metri sopra di noi, i primi raggi del sole incontrano il muro di ghiaccio alto circa 200 metri del plateau della vetta. Ed ecco il primo tuono. Come quando da un ghiacciaio cadono blocchi di ghiaccio, la massa blu iridescente scende lentamente lungo la parete. Un’onda alta 200 metri rotola sul tremendo versante nord del Nanga Parbat. Masse incredibili tuonano, battono, scoppiano su costruzioni di granito e sibilano come fine polvere sul fondo del ghiacciaio. Dopo un silenzio in cui tratteniamo il respiro, la nube risale con un bianco ribollimento sempre più su e ci ricopre con un soffio gelido. Guardiamo e rabbrividiamo. Principio o fine della creazione? Da lungi si apre uno sguardo sull’eterno.”
Le spedizioni tedesche degli anni 1930 al Nanga Parbat hanno un posto di primo piano nella storia del grande alpinismo himalayano. L’avvincente racconto del tragico tentativo del 1934, dovuto a uno dei protagonisti di quelle spedizioni, qui proposto nella prima edizione italiana, è considerato un capolavoro della letteratura alpinistica propriamente detta.
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