La metafisica del paesaggio buzzatiano è accentuata, sottolineata dall’apparire di pareti strapiombanti, impedenti, che ci schiacciano; quasi sempre presente è il soffio del vento, che esce dalle fessure o entra nei crepacci, inequivocabile simbolo di una vita che fugge. La parabola del tempo trova la sua conclusione in questo paesaggio di eternità e di immutabilità. Ė lo scontro tra tempo della storia e tempo dello spirito che angoscia Buzzati, che gli fornisce la misura del trascorrere degli anni, che egli può misurare, verificare proprio sulle ampie pareti. Ecco le mani che si fanno più insicure sulla roccia, anche se la mente è divenuta più acuta e meglio controlla il sentimento della paura. Finché un certo giorno di una certa estate, Buzzati si ferma alle pendici di quelle pareti e non le sale più.
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