Se “niente al mondo è più bello che scrivere. Anche male”, come voleva Silvio D’Arzo, allora le pagine di un libro sono la scena ideale su cui far muovere personaggi di carta, luoghi del ricordo, suoni immaginati, di vite che vanno e vengono come certe musiche, meglio se suonate a orecchio. Un pot-puorri di volti, situazioni, tristezze e sorrisi che gli inattesi (e maldestri) prodigi della lingua trasformano in questo porporì. Dall’incontro immaginario con la verve esistenziale e poetica dell’Arturo Bandini, un itinerario in Valle Onsernone sulle tracce di Zatopek e del suo doppio; dalla corsa a ritroso (e a inciampi) nelle epopee minime della banda musicale, che incrociano la vita di un paesino, Cannobio, e di un io narrante e indulgente, alla suggestione vagamente stralunata di una Praga in cui musica e obbligo del silenzio risuonano con altrettanta sorridente e dolorosa intensità.
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